Mer. Mag 1st, 2024

Il senatore Claudio Borghi in questi giorni ha fatto un interessante video in cui spiega alcuni concetti importanti relativamente al debito pubblico, all’inflazione e di come l’Italia, se non fosse nelle condizioni penalizzanti create dall’unione europea, potrebbe gestire con serenità le difficoltà economiche che si presentano. In calce riporto il link al video.

Credo che sia chiaro a tutti quanto sia importante che il popolo sappia come stanno realmente le cose, se il popolo fosse consapevole di questioni come quelle discusse nel video sarebbe più difficile per speculatori, entità ostili o semplici governanti incompetenti, di imporre direttive deleterie e distruttive.

Vorrei però evidenziare altri due aspetti legati all’appartenenza all’unione europea ed all’Euro che ci penalizzano e che il senatore non ha inserito nella sua trattazione. Direttive che di fatto ci tengono con le mani legate e in particolare ci espongono da anni ad una concorrenza sleale da parte di paesi europei ed extraeuropei.

Il primo punto, quello più importante, e che susciterà reazioni oppositorie e preconcette a quanto scrivo, sono i dazi. Prima di giungere a conclusioni nette su tale argomento andrebbe fatta, in modo non pregiudiziale, una analisi completa. Purtroppo la questione dazi è stata oggetto, colposo dettato da speculatori o naturale spinto da erronee questioni etiche, di propaganda avversa, ma in realtà questi sarebbero il mezzo più efficace e naturale per garantire l’equilibrio economico di ciascuno stato.

Per capire perché non usare i dazi sia stato un errore, sempre che si tratti di errore e non di dolo, bisogna soprattutto mettere a fuoco come certi regolamenti europei, per quanto in larga parte giusti e condivisibili, abbiano creato uno squilibrio nell’evoluzione economico-produttiva mondiale a discapito dell’unione europea.

Molte direttive, come quelle sulla riduzione dell’inquinamento, sul riciclaggio dei rifiuti, sull’eco-sostenibilità di prodotti e processi, sulla sicurezza sul luogo di lavoro, sulla qualità del lavoro, sulla qualità di prodotti e/o processi industriali e relative prescrizioni e regolamentazioni (Norme ISO etc..), per quanto, ripeto, in gran parte giuste e condivisibili, hanno rappresentato un onere importante che si è concretizzato in un conseguente aumento dei costi di produzione. A questo punto, permettere a stati come la Cina, che non hanno in alcun modo posto limiti e restrizioni alle condizioni di lavoro e di produzione, ha comportato un insostenibile deficit concorrenziale delle aziende europee che hanno finito col perdere importanti quote di mercato o peggio sono state costrette a delocalizzare la produzione spostandola, ad esempio, in giganteschi centri produttivi cinesi. In definitiva è stata negli anni distrutta la struttura produttiva dell’unione europea, questo ha ovviamente comportato anche l’emorragia di capitali economici di dimensioni incommensurabili e che non poteva che esplicitarsi in deficit degli stati europei.

Un’altra questione importante, questa volta direttamente relata all’adesione all’Euro, è in relazione alla mancanza della normale azione compensatrice esercitata dalla svalutazione della moneta. Quando uno stato si trova in condizioni di deficit commerciale, ovvero le importazioni superano le esportazioni con conseguente disavanzo economico, una moneta che si svaluta, per questioni di mercato o per scelta degli stati, favorisce un’azione di controtendenza, spinge l’export, e tende a ristabilire l’equilibrio. Una moneta unica per stati con diverse condizioni economiche ed infrastrutturali, con diverse risorse e condizioni sociali, rende la moneta una palla al piede che rende vana qualsiasi speranza di ripresa.

Vorrei aggiungere una mia opinione su alcune convinzioni relativamente al ruolo della Germania. Qualcuno ritiene infatti che l’Europa sia stata in qualche modo una costruzione funzionale agli interessi della Germania e forse della Francia. Per come la vedo io, anche alla luce delle recenti evoluzioni dello scenario economico proprio della Germania, questa è stata un po’ più brava di noi nel dipanarsi e districarsi nelle aberrazioni Europee, magari nascondendo la sabbia sotto il tappeto, ma l’Europa è stata ed è un problema per tutti, o quasi tutti, gli stati che vi fanno parte.

Non è dato sapere se i tanti e troppi errori strategici portati avanti dall’Unione Europea, sia quelli discussi in questo articolo che quelli evidenziati negli articoli precedenti, siano effettivamente errori o se ci sono state volontà occulte di entità economiche e finanziarie o di stati stranieri, resta il fatto però che se l’Europa non rivede le sue autolesioniste strategie, uscire dall’Unione Europea non è solo una saggia scelta ma anche una estrema necessità.

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